Nuovi reati presupposto ai sensi del Decreto 231/2001


Introduzione

Il 4 ottobre 2023 è stato convertito in legge – con modificazioni – il D.L. 105/2023 recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia, Covid e Ministero della Cultura” (il “Decreto Giustizia”), che apporta alcune rilevanti modifiche anche al D.Lgs. 231/2001 (il “Decreto 231”).

In particolare tra le novità si segnala l’introduzione nel catalogo dei reati presupposto del Decreto 231 di tre nuove fattispecie: Turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.) e Trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.).

01. Turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente

1.1 Le condotte penalmente rilevanti

Le due fattispecie criminose, ora confluite nell’art. 24 del Decreto 231, hanno a oggetto rispettivamente:

  • condotte poste in essere con violenza o minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti volte ad impedire o turbare le gare nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di Pubbliche Amministrazioni o ad allontanarne gli offerenti; e
  • condotte poste in essere con violenza o minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti volte a turbare il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione.

1.2 Sanzioni ex Decreto 231

I suddetti reati, di natura dolosa, sono dunque ora idonei a far scattare le sanzioni previste dal Decreto 231 anche nei confronti degli Enti (società, consorzi, ATI, etc.) nel cui interesse o a cui vantaggio siano stati commessi (o tentati) da parte di soggetti apicali o subordinati appartenenti agli Enti stessi.

La sanzione pecuniaria è stabilita nella misura fino a cinquecento quote[1].

Si applicheranno, inoltre, le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, comma 2, lettere c), d) ed e), del Decreto 231 ovvero: (i) il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, (ii) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, e (iii) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Infine, ai sensi dell’art. 94 del D.Lgs. 36/2023 (Codice degli Appalti Pubblici), la commissione di tali reati potrà essere rilevante ai fini dell’esclusione dell’Ente dalle gare.

1.3 Prime considerazioni

Le due nuove ipotesi di reato richiederanno un’attenta analisi ad hoc nel contesto della valutazione dei rischi cd. 231 e un trattamento specifico nella Parte Speciale del Modello di Organizzazione e Gestione ai sensi del Decreto 231, con principi di controllo e di comportamento che non possono essere semplicemente e pedissequamente mutuati da quelli già adottati per la prevenzione dei reati presupposto già esistenti prima dell’approvazione del Decreto Giustizia. La condotta criminosa presa in esame dai due reati, infatti, presenta caratteristiche peculiari e deve essere oggetto di un esame a parte, tenendo conto di tutte le funzioni e attività aziendali che riguardano gare o bandi (incluse alcune fattispecie rilevanti ai fini del PNRR).

Va anche considerato che l’inclusione nel novero dei reati presupposto ex Decreto 231 proietta automaticamente le due fattispecie tra quelle potenzialmente oggetto di segnalazione whistleblowing e, di conseguenza, di indagine interna anche tenuto conto del diritto dei segnalanti di ricevere un riscontro in merito alle misure previste o adottate o da adottare per dare seguito alla segnalazione e dei motivi delle scelte effettuate.  

02. Trasferimento fraudolento di valori

2.1 La condotta penalmente rilevante

La fattispecie del trasferimento fraudolento di valori è stata fatta rientrare nell’art. 25-octies.1 del Decreto 231 e punisce la condotta di chi attribuisca fittiziamente la titolarità o la disponibilità ad altri di denaro (o altri beni) al fine di eludere misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.

2.2 Sanzioni ex Decreto 231

Ai sensi del Decreto 231, l’Ente nel cui interesse o a cui vantaggio sia stato commesso il crimine da parte di un suo soggetto apicale o subordinato rischia una sanzione pecuniaria da 250 a 600 quote.

Per quanto riguarda le sanzioni interdittive, si applicano quelle previste dall’art. 9, comma 2, del Decreto 231 ovvero: (i) l’interdizione dall’esercizio dell’attività, (ii)  la  sospensione  o  la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, (iii)  il  divieto  di  contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, (iv) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, e (v) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Anche in questo caso, il reato (anche nella forma del tentativo o nei casi di concorso) è suscettibile di whistleblowing, sia attraverso i canali interni dell’Ente, sia – in alcuni casi – all’ANAC o tramite divulgazione pubblica.

2.3 Prime considerazioni

Anche in questo caso un’integrazione dei Modelli di Organizzazione e Gestione ex Decreto 231 sembra opportuna. Ancorché i principi e presidi già articolati per prevenire i reati di contrabbando, ricettazione, riciclaggio e auto-riciclaggio senz’altro già contribuiscano a governare il rischio del reato di trasferimento illecito di valori, la nuova fattispecie di reato 231 presenta alcune particolarità (la stessa, infatti, può consumarsi anche attraverso trasferimenti di fondi e/o cessione di beni di provenienza lecita). È perciò assolutamente consigliabile un irrobustimento delle regole e delle procedure interne nei Modelli di Organizzazione e Gestione ex Decreto 231, anche al fine di catturare e prevenire ipotesi di concorso e/o casi dubbi legati all’ampiezza lessicale utilizzata dal legislatore (ad esempio, con riferimento al termine “disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali”).

03 Interventi in materia ambientale

Il Decreto Giustizia apporta anche alcune modifiche in materia ambientale, che possono indirettamente incidere sulla responsabilità degli enti.

In particolare, è stata prevista l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro per chiunque abbandoni o depositi rifiuti o li immetta nelle acque superficiali o sotterranee. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio.

Nel caso di gestione non autorizzata, vengono fatte salve le previsioni più severe di cui all’art. 256 del D.Lgs. 152/2006, già incluso nell’art. 25-undecies del Decreto 231.

Infine, con riferimento agli artt. 452-bis e quater del c.p., anch’essi già inclusi nell’art. 25-undecies, sono state inserite delle aggravanti ove l’inquinamento o il disastro ambientale sia prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette ovvero quando l’inquinamento o il disastro ambientale causi il deterioramento, la compromissione o la distruzione di un habitat all’interno di un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico.


[1] L’importo di una quota è previsto tra un valore minimo di 258 euro e un massimo di 1.549 euro, che viene stabilito, tra l’altro, in base alle condizioni economiche e patrimoniali dell’impresa, per assicurare l’efficacia della sanzione.


Scarica il documento