Decreto Lavoro: le novità per le imprese


Il Decreto Legge n. 43/2023 (il c.d. “Decreto Lavoro”) approvato simbolicamente il 1° maggio 2023 contiene varie misure legate al lavoro e all’inclusione sociale. Alcune di esse hanno un impatto immediato per le imprese nella gestione del proprio personale.

La nuova disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato nei casi previsti dalla contrattazione collettiva e il regime transitorio

Il Decreto Lavoro non è intervenuto sulla facoltà delle parti di sottoscrivere contratti a termine con durata inferiore ai 12 mesi, liberamente e senza indicare alcuna causale.

Per poter superare questa durata invece, il Decreto Lavoro cambia radicalmente approccio rispetto al passato: da un lato introducendo maggiore flessibilità, ma, dall’altro, affidando alla sola contrattazione collettiva il ruolo di “porta d’accesso”. L’art. 24 prevede infatti che i contratti a termine possano essere stipulati o prorogati per una durata superiore ai 12 mesi solo nei casi previsti dai contratti collettivi a livello nazionale, territoriale o aziendale[1]. Il ruolo che la contrattazione collettiva svolgerà effettivamente andrà però valutato alla prova dei fatti: a oggi solo un limitatissimo numero di contratti collettivi (ad esempio, il CCNL Trasporto e Logistica) ha utilizzato la facoltà di introdurre nuove causali per i contratti a tempo determinato (già introdotta dall’art. 41-bis del D.L. 25 maggio 2021, n. 73).

Al di là delle causali dei contratti collettivi, i contratti a termine potranno essere stipulati solo in altre due ipotesi:

  • l’una, di applicazione transitoria fino al 30 aprile 2024 o fino all’intervento della contrattazione collettiva, in caso di esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti, con una causale generica che riprende quella in vigore fino al 2014; e
  • l’altra, di carattere residuale, in caso di sostituzione di altri lavoratori. In assenza di ulteriori specificazioni, la norma potrebbe essere utilizzata sia per i lavoratori assenti (senza limitazioni quanto al tipo di assenza), sia per lavoratori ad esempio temporaneamente inidonei alla mansione.

I datori di lavoro, sia in caso di causali previste dai contratti collettivi sia di quelle identificate tra le parti, dovranno comunque continuare a esercitare una particolare cautela nella redazione del singolo contratto, uniformandosi ai principi dettati dalla giurisprudenza sviluppata durante la vigenza del D.Lgs. 368/2001. La causale dovrà quindi essere in ogni caso: (i) specifica e dettagliata (in particolare dovrà contenere le ragioni di natura organizzativa, produttiva o tecnica e ogni elemento utile a “provare” tali ragioni), e (ii) caratterizzata da temporaneità, in modo da evidenziare la specifica esigenza del datore di lavoro di impiegare tale lavoratore a termine.

In caso di causale generica o di impiego del lavoratore fuori dall’ambito della stessa, il rischio per l’azienda è rappresentato dalla trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

Modifiche al cd. “Decreto Trasparenza”

Il Decreto Lavoro prevede altresì una semplificazione delle informazioni che il datore di lavoro è tenuto a fornire al dipendente al momento dell’assunzione ai sensi del cd. “Decreto Trasparenza” (D.Lgs. 104/2022) entrato in vigore lo scorso agosto. In particolare, l’art. 26, comma 1, del nuovo Decreto specifica che alcuni degli obblighi informativi (es. durata del periodo di prova, formazione, durata delle ferie e degli eventuali congedi retribuiti) potranno intendersi d’ora in poi assolti semplicemente con l’indicazione dei riferimenti normativi o con il rinvio al contratto collettivo applicato, anche aziendale[2].

Tali informazioni dovranno essere fornite con la consegna o la messa a disposizione ai dipendenti, anche mediante pubblicazione sul sito web, dei contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché degli eventuali regolamenti aziendali (se esistenti) applicabili al rapporto di lavoro. È quindi necessario che le aziende mettano a disposizione nella propria intranet, non solo copia del CCNL e degli eventuali contratti collettivi aziendali, ma anche delle policy e regolamenti in vigore applicabili ai propri dipendenti nelle materie indicate dal Decreto Trasparenza[3].

Il Decreto Lavoro ha poi chiarito in quali casi il datore di lavoro è tenuto a informare il lavoratore dell’eventuale utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio. Con una modifica molto apprezzata dal mondo delle imprese, il legislatore richiede oggi che solo i sistemi integralmente automatizzati debbano essere oggetto di informazione. Di conseguenza, l’obbligo informativo non troverà applicazione ai sistemi che solo parzialmente gestiscono la prestazione lavorativa, o si limitano a fornire un supporto a una decisione che però viene presa in via definitiva da una persona (es. sistemi di screening dei CV inviati dai potenziali candidati).

Incentivi all’assunzione

Il Decreto Lavoro prevede una serie di incentivi alle assunzioni ai datori di lavoro privati, che vengono corrisposti tramite conguaglio nelle denunce contributive mensili e, in particolare:

  • ai datori di lavoro privati che assumano, nel periodo dal 1° giugno al 31 dicembre 2023, i cd. “NEET”, ossia i giovani under 30 che non lavorino, né siano inseriti in corsi di studi o di formazione e siano registrati al Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”, è riconosciuto un incentivo pari al 60% della retribuzione mensile lorda (imponibile ai fini previdenziali) per 12 mesi (art. 27 del Decreto Lavoro);
  • a decorrere dal 1° gennaio 2024, ai datori di lavoro che assumeranno percettori del nuovo “assegno di inclusione”[4] sarà riconosciuto un esonero dei contributi previdenziali (con esclusione dei premi INAIL) (art. 10 del Decreto Lavoro).

Riduzione del cuneo fiscale

Il Decreto Lavoro (art. 39) interviene anche a ridurre il cuneo fiscale, per la parte contributiva, nei confronti dei lavoratori dipendenti. In particolare, l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico dei lavoratori dipendenti per i periodi di paga dal 1° luglio al 31 dicembre 2023 (con esclusione della tredicesima mensilità) viene innalzato:

  • dagli attuali due punti a sei punti percentuali, per i redditi lordi sino a 35mila euro;
  • dagli attuali tre punti a sette punti percentuali, per i redditi lordi sino a 25mila euro;

Tale misura, si tradurrà, in sostanza, in un aumento retributivo mensile fino a un massimo di 100 euro netti.

Detassazione dei fringe benefit per lavoratori con figli a carico

Unicamente per l’anno 2023, sale a Euro 3.000 la soglia di non imponibilità per i fringe benefit dei lavoratori dipendenti, ma unicamente per quelli con figli a carico. Resta invece ferma la soglia di non imponibilità pari ad Euro 258,23 in tutti gli altri casi. La norma specifica altresì che rientrano nell’agevolazione anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas (art. 40 del Decreto Lavoro).

Estesi i casi in cui è obbligatorio nominare il medico competente

Il Decreto (art. 14) appone alcune modifiche anche al cd. “Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” (D.lgs. n. 81/2008), tra cui l’estensione dell’obbligo di nomina del medico competente a tutti i casi in cui lo richieda la valutazione dei rischi.


[1] Si deve trattare di contratti stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA e RSU.

[2] In particolare, la semplificazione riguarda le seguenti informazioni: durata del periodo di prova, formazione, durata delle ferie e degli eventuali congedi retribuiti, periodo di preavviso, retribuzione, programmazione dell’orario normale di lavoro, lavoro straordinario nonché eventuali condizioni per il cambiamento di turno, variabilità della programmazione del lavoro (se il rapporto di lavoro non prevede un orario di lavoro programmato), e indicazione degli enti e degli istituti a cui il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi previdenziali e assicurativi.

[3] L’espressione “consegnare o mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web” utilizzata dalla norma sembra implicare un vero e proprio onere a carico del datore di lavoro; non sembrerebbe quindi più possibile un generico richiamo al portale esterno del CNEL, suggerito dal Ministero del Lavoro con il comunicato del 30 settembre 2022. 

[4] L’“assegno di inclusione” è il nuovo strumento di sostegno economico alle famiglie con ISEE fino a 9.360 euro (maggiorato in caso di presenza di minorenni) e con componenti “fragili” (minori, disabili, over-60) che da gennaio 2024 sostituirà il reddito di cittadinanza. Lo sgravio contributivo sarà riconosciuto in una misura pari al 100% della contribuzione in caso di assunzioni a tempo indeterminato (pieno o parziale), con contratto di apprendistato o per le trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a termine. In tal caso, l’incentivo spetterà per un massimo di 12 mesi, nel limite di 8.000 euro annui, e il datore che proceda al licenziamento del beneficiario dell’assegno nei 24 mesi successivi all’assunzione sarà tenuto alla restituzione dello sgravio, maggiorato delle sanzioni civili, salvo che il recesso sia avvenuto per giusta causa o per giustificato motivo. Il predetto sgravio è ridotto della metà (rispettivamente, 50% della contribuzione e limite di 4.000 euro annui) in caso di assunzioni con contratto a tempo determinato o stagionale (pieno o parziale).


Scarica il documento